Gli effetti del concordato fallimentare fra autonomia privata ed esigenze di equità. La ricostruzione di Benvenuto Stracca e il suo successo nella scientia iuris del maturo diritto comune

AuthorAndrea Landi
ProfessionUniversità di Pisa
Pages107-144
Gli effetti del concordato fallimentare
fra autonomia privata ed esigenze di equità.
La ricostruzione di Benvenuto Stracca e il suo
successo nella scientia iuris del maturo diritto comune
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Università di Pisa
Resumen: La investigación examina la naturaleza de los efectos del convenio concursal,
que en algunas importantes legislaciones estatutarias italianas se consideran
inestables (rebus sic stantibus), dado que se prescribe explícitamente que el
quebrado, si vuelve a tener mejor fortuna, deberá pagar a su acreedores la
deuda residual, respecto de la pactada en el convenio.
A partir de la reflexión de Stracca sobre el tema, el ensayo examina las
premisas de esta reflexión y los resultados de la misma en la scientia iuris que
le sigue, hasta el umbral de las legislaciones mercantiles actuales; y se enfoca
en la fundación del acuerdo concordatario, identificada en la inopia debitoris.
Palabras Claves: quiebra, acuerdo con los acreedores, convenio, ius mercatorum, autonomía de
negociación.
Abstract: La ricerca prende in esame la natura degli effetti del concordato fallimentare,
che in alcune importanti legislazioni statutarie italiane vengono ritenuti
instabili (rebus sic stantibus), dato che vi si prescrive esplicitamente che il
fallito, se ritornerà a miglior fortuna, dovrà pagare ai propri creditori il debito
residuo, rispetto a quello pattuito nel concordato.
Partendo dalla riflessione di Stracca sul tema, il saggio esamina le premesse
di questa riflessione e gli esiti di essa nella scientia iuris a lui successiva, fino
alle soglie delle odierne legislazioni commercialistiche, soffermandosi sul
fondamento dell’accordo concordatario, individuato nella inopia debitoris.
Parole chiave: fallimento, concordato, accordo, ius mercatorum, autonomia negoziale.
Abstract: The research examines the nature of the effects of the bankruptcy arrangement,
which in some important Italian statutory legislations are considered as
unstable (rebus sic stantibus), because it is explicitly prescribed that the
bankrupt, if he returns to better fortune, will have to pay his creditors the
residual debt, in addition to that agreed in the arrangement.
108 ANDREA LANDI
Starting from Stracca’s reflection about this theme, the essay examines the
premises of this reflection and the results of it in the following scientia iuris,
up to the threshold of today’s commercial legislations, focusing on the basis of
the bankruptcy arrangement, identified in the inopia debitoris.
Keywords: bankruptcy, bankruptcy arrangement, agreement, ius mercatorum, negotiation
autonomy.
Sommario: 1. Una via alternativa al fallimento; 2. La riflessione di Benvenuto Stracca: le
due facce del concordato; 3. La inopia debitoris come fondamento dell’accordo
concordatario: un consilium di Angelo degli Ubaldi; 4. La dottrina del diritto
comune sulla scia di Stracca: 4.a) Un’esemplificazione illuminante di Sigismondo
Scaccia; 4.b) Attraverso l’età moderna: nel mare magnum delle opinioni; 5. Nel
prisma castigliano: il concordato fra diritto regio e scientia iuris; 6. Per concludere:
alcune spigolature nell’età dei Codici.
1. UNA VIA ALTERNATIVA AL FALLIMENTO
La possibilità di quella che oggi si definirebbe una gestione negoziale della crisi
dell’impresa è una caratteristica onnipresente nell’àmbito delle pur svariate discipline
basso-medievali del fallimento: il concordato fallimentare, infatti, veniva presentato,
già dai legislatori statutari, come una soluzione di tipo transattivo dei contrasti, insorti
tra creditori e decotto, i quali avevano portato all’avvio della procedura concorsuale;
sicché, in ultima analisi, esso assumeva il tratto fisionomico d’una via alternativa
all’espletamento integrale delle complesse formalità fallimentari, per giungere, nei
tempi più rapidi possibili, alla chiusura del fallimento stesso 1.
Di fronte alla precoce pubblicizzazione dell’istituto fallimentare, conseguenza
dell’egemonia del ceto mercantile nella società basso-medievale, il concordato
rappresentava uno dei pochi spazi lasciati in questo istituto all’autonomia privata,
per la cui manifestazione era necessario il consenso di maggioranze assai elevate di
creditori 2.
A questo proposito, com’è noto, la scientia iuris, rileggendo creativamente i testi
della compilazione giustinianea, ebbe modo di fornire, in progresso di tempo, veste
giuridica agli orditi delle disposizioni statutarie, avvalendosi di istituti che avevano
avuto la loro origine nell’esperienza romana, quali in particolare il pactum ut minus
1 Cfr. SANTARELLI, U., Per la storia del fallimento nelle legislazioni italiane dell’età
intermedia, Padova, Cedam, 1964, pp. 275-276.
2 Cfr. SANTARELLI, U., Mercanti e società tra mercanti3, Torino, Giappichelli, 1998, p. 104;
MIGLIORINO, F., Mysteria concursus. Itinerari premoderni del diritto commerciale, Milano, Giuffrè,
1999, pp. 146-153; VOLANTE, R., Autonomia contrattuale e fallimento tra fondazioni medievali,
diritto comune e codici, in Autonomia negoziale e crisi d’impresa, a cura di DI MARZIO F. e
MACARIO F., Milano, Giuffrè, 2010, pp. 136-145.
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solvatur e le induciae quinquennales, oltre ovviamente alla più generale cessio
bonorum 3.
Prescindendo dall’analisi di questi aspetti, peraltro già studiati funditus da
abbondante storiografia 4, è sembrato opportuno incentrare il presente contributo sulla
natura degli effetti derivanti dal concordato fallimentare, giacché in alcune disposizioni
statutarie ne è stata sottolineata l’instabilità, mediante l’esplicita previsione che il
fallito, nel caso in cui fosse ritornato a miglior fortuna, dovesse pagare integralmente i
propri debiti 5; e questo, sul presupposto che erano da considerare caducati gli accordi
sottoscritti in precedenza coi creditori, circa una riduzione del loro ammontare.
Secondo autorevole storiografia, un tale genere di disposizioni sarebbe stato
espressione d’un principio generale in base al quale il concordato trovava la sua
ragion d’essere nel dissesto del mercante: venendo meno il dissesto (rectius: la
situazione d’insolvenza), esso non avrebbe avuto più ragione di esistere, con la
conseguenza che il debitore avrebbe dovuto pagare non solo quanto risultava
dall’accordo concordatario, ma anche il residuo del proprio debito. Il concordato,
infatti –come del resto l’intera procedura fallimentare, almeno fino all’età moderna–
era stato formulato in un’ottica di tutela incondizionata dell’interesse dei creditori,
nulla rilevando quello del mercante fallito 6.
3 Utile la precisazione di PECORELLA, C.-GUALAZZINI, U., v. Fallimento (Premessa
storica), in Enciclopedia del Diritto, 16, Milano, Giuffrè, 1967, p. 224; su queste vicende comunque
cfr. MIGLIORINO, Mysteria concursus, cit., pp. 164-178.
4 Dai classici REZZARA, J., Il concordato nella storia, nella dottrina, nella giurisprudenza.
Studio di diritto commerciale, Torino-Roma, Roux e Viarengo [1901?], pp. 5-16; ROCCO Alfredo,
Il concordato nel fallimento e prima del fallimento, Torino, Fratelli Bocca editori, 1902, pp. 18-35;
per arrivare ai recenti BARBAGLI, A., Profili giuridici del fallimento nel pensiero dei commentatori,
Torino, Giappichelli, 2019, pp. 222-225 e GRILLONE, A., Le nuove frontiere del diritto della crisi e
dell’insolvenza ripensate in prospettiva storica, I, I cardini del sistema: soggetti, oggetto, negozialità e
par condicio creditorum, Torino, Giappichelli, 2021, pp. 71-117.
5 Solo a titolo d’esempio, cfr. Statuta populi et communis Florentiae … anno salutis 1415, I,
Friburgi, Apud Michelem Kluch, s.d., L. 3, rub. 12 De cessantibus, et fugitivis, qui a creditoribus
liberati, et absoluti pervenerint ad pinguiorem fortunam; i quali statuti esplicitamente prevedevano
che tali debitori «teneantur omne, et totum illud, quod rei veritate restabant dare ipsis suis creditoribus,
non obstante quacumque compositione, transatione, liberatione, fine, vel pacto iam factis integre
solvere, satisfacere, et implere ipsis creditoribus usque ad verum, et integrum capitale». E in termini
analoghi anche Statuti dell’Università dei mercanti di Siena dell’anno 1644, cap. 111, in CANTINI,
L., Legislazione toscana, XVII, Firenze, Nella stamperia Albizziniana, 1805, p. 110: «E se alcuno di
detti falliti, o non rispondenti, che non avranno pagato, e soddisfatto interamente ai loro creditori, verrà
per alcun tempo a miglior fortuna, sia tenuto, e debba, e possa effettualmente essere astretto a dare, e
pagare a detti suoi creditori tutto quello che avesse mancato di pagare loro sino all’intera somma, o vero
quel tanto quanto saranno bastevoli le sue facultà, fatto prima il conto in tal modo che non gli abbino
a mancare le necessità per il suo vivere». Già aveva richiamato l’attenzione su queste disposizioni
LATTES, A., Il diritto commerciale nella legislazione statutaria delle città italiane, Milano, Hoepli,
1884, p. 350, nt. 16.
6 Così SANTARELLI, Per la storia, cit., pp. 282-285 e ID., Mercanti e società tra mercanti,
cit., pp. 102-103. L’autore nota incisivamente che nel concordato è da ritenersi inserita «un’autentica

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