Le voci delle intersezioni: Postcolonialismo e femminismo. Quando la subalterna può parlare

AuthorCaterina Duraccio
PositionUniversidad Pablo de Olavide
Pages161-176
Revista inteRnacional de Pensamiento Político - i ÉPoca - vol. 16 - 2021 - [161-176] - issn 1885-589X
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LE VOCI DELLE INTERSEZIONI.
POSTCOLONIALISMO E FEMMINISMO:
QUANDO LA SUBALTERNA PUÒ PARLARE
THE VOICES OF THE INTERSECTIONS. POSTCOLONIALISM
AND FEMINISM: WHEN THE SUBORDINATE CAN SPEAK
Caterina Duraccio
Universidad Pablo de Olavide, Sevilla, España
cduraccio@upo.es
Recibido: septiembre de 2021
Aceptado: noviembre de 2021
Parole chiave: Postcolonialismo, Femminismo, Studi di Genere, Femminismo nero
Keywords: Postcolonialism, Feminism, Gender Studies, Black Feminism
Riassunto: All’inizio degli anni ’80 nell’Università di Delhi, un gruppo di studiosi
si riunisce per riflettere sulle relazioni tra Occidente ed Oriente. Il collettivo
nato dallo storico Ranajit Guha, prende il nome di Subaltern Studies, richia-
mando le teorie gramsciane sulla subalternità. L’analisi dei rapporti di dominio
e soggezione tra coloni e colonizzati è centrale nello sviluppo di queste nuove
teorie postcoloniali. I protagonisti di questo fervente dibattito non circoscrivono
il postcolonialismo dentro precisi confini geografici: la condizione postcoloniale
è principalmente ideologica, poiché nasce come prodotto delle relazioni e dei
processi storici di colonizzazione. All’interno dei Subaltern Studies, la studiosa
Gayatry Chakravorty Spivak (1985) si interroga sull’assenza del soggetto fem-
minile nel discorso dei suoi colleghi, ponendo una domanda fondamentale per
la teoria postcoloniale e per la teoria femminista: “La subalterna può parlare?”
(1988). La donna appare un soggetto ventriloquizzato e costantemente rappre-
sentato e definito dallo sguardo dell’altro. Spivak centra l’attenzione sul bisogno
di autodeterminazione del soggetto femminile. Alla voce della filosofa indiana
fanno eco le femministe chicanas e afroamericane, che dagli Stati Uniti recla-
mano un femminismo che tenga conto di tutte le subalternità che agiscono sul
corpo femminile, prima fra tutte la razza. La declinazione dell’intersezione tra
sesso, razza e classe assume un ruolo fondamentale sia nella teoria postcolo-
niale che in quella femminista. Nel presente lavoro si analizzano le principali
rivendicazioni e le strategie di resistenza usate dalle voci delle subalterne, che
marcano alcuni momenti di incontro/confronto tra femminismo e postcolonia-
lismo.
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1. Introduzione
Nel corso dei secoli la storiografia tradi-
zionale ha sistematicamente analizzato
i processi storici e politici, adottando la
prospettiva (unica ed egemonica) occi-
dentale. La narrazione storiografica, let-
teraria, politica e culturale ha assorbito
l’idea dell’uomo bianco occidentale come
un soggetto universale, a partire dal quale
si andavano sviluppando le diverse pros-
pettive critiche. La prima rottura con ques-
to modello strutturato di androcentrismo
bianco simbolico avviene attraverso i dis-
corsi dei movimenti e della critica femmi-
nista che, non solo metteva in discussione
il dominio patriarcale in quanto tale ma, e
più di ogni altra cosa, proponeva nuove ri-
flessioni e suggestioni intorno alle diversità
dei soggetti donne, Fino agli anni Ottanta,
le principali narrazioni femministe erano
portatrici di rivendicazioni marcatamente
occidentali: le donne che trovavano spazio
nelle rappresentazioni del femminile erano
specchio di una subalternità di genere, ma
non di etnia, né di classe. Sebbene il lavoro
delle teoriche femministe occidentali stesse
aprendo la strada a nuove interpretazioni
delle relazioni tra i sessi, era forte l’assenza
di una visione complessiva che tenesse
in conto i diversi fattori di subordinazione
del soggetto storico, geografico e politico
femminile. Le prime riflessioni intorno alla
subalternità come condizione geo-politica
sono presentate dal collettivo Subaltern
Studies, attivo nell’Università di Delhi a
partire dalla prima metà degli anni ’80. Ra-
najit Guha, Edward Said, Gayatri Chakra-
vorty Spivak, Dipesh Chakrabarty riflettono
sulla condizione politica del Sud-Est Asia-
Abstract: At the beginning of the 1980s, a group of scholars met at the
University of Delhi to reflect on the relationship between the West and the
East. The collective created by the historian Ranajit Guha takes the name of
Subaltern Studies, recalling the Gramscian theories on subordination. The
analysis of the relationships of domination and subjection between settlers and
colonized people is central to the development of new postcolonial theories.
The protagonists of this fervent debate do not circumscribe postcolonialism
within precise geographical boundaries: the postcolonial condition is mainly
ideological since it arises as a product of the historical relations and processes
of colonization. Within Subaltern Studies, the scholar Gayatry Chakravorty
Spivak questions the absence of the female subject in the discourse of her
colleagues, asking a fundamental question for postcolonial theory and for
feminist theory: “Can the subaltern speak?” (1988). The woman appears to be
a ventriloquized subject and constantly represented and defined by the gaze of
the other. Spivak focuses on the female subject’s need for self-determination.
The voice of the Indian philosopher is echoed by the Chicanas and African
American feminists who from the United States demand a feminism that takes
into account all the subalternities that act on the female body, first of all the
race. The declination of the intersection between sex, race and class plays a
central role in both postcolonial and feminist theory. In the present work we
observe some moments of confrontation and encounter between feminism and
postcolonialism, the main demands and the strategies of resistance used by
the voices of the subalterns.

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