Sibilla Aleramo. Una nuova donna

AuthorValentina Zucchi
PositionUniversidad Complutense de Madrid
Pages315-330
Revista inteRnacional de Pensamiento Político - i ÉPoca - vol. 16 - 2021 - [315-330] - issn 1885-589X
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SIBILLA ALERAMO. UNA NUOVA DONNA
SIBILLA ALERAMO. A NEW WOMAN
Valentina Zucchi
Universidad Complutense de Madrid, Madrid, España
vzucchi@ucm.es
Recibido: octubre de 2021
Aceptado: noviembre de 2021
Parole chiave: Sibilla Aleramo, femminismo, Una donna, maternità, nuova identità.
Key words: Sibilla Aleramo, A Woman, feminism, maternity, new identity.
Riassunto: Nella cornice di una realtà storico-sociale fortemente ostile per le
donne italiane del primo Novecento, molte voci femminili si ribellano scrivendo
testi di denuncia sociale in cui il nemico è sempre il sistema patriarcale-misogi-
no che riversa la sua violenza sulle donne. Tra queste voci urla con grande po-
tenza quella di Sibilla Aleramo, la cui lotta femminista narrata nel suo romanzo
autobiografico Una donna, dà impulso a un percorso esistenziale verso la con-
quista di una nuova identità. Nasce una nuova donna che ha saputo ascoltare
la propria legge rinunciando perfino al figlio: il sacrificio umano per la libertà.
Abstract: In the framework of a socio-historical reality which was strongly hostile
to Italian women in the early twentieth century, many rebellious female voices
express their dissent in works of social denunciation in which the enemy is
always the patriarchal-misogynist system that discharged its violence onto
women. One of these voices cries out powerfully, that of Sibilla Aleramo, whose
feminist struggle was narrated in her autobiographical romance, A Woman,
giving rise to an existential path towards the achievement of a new identity. A
new woman was born, capable of heeding her own law, even relinquishing her
own son: a human sacrifice for freedom.
1. Contesto storico e sociale dell’Italia del primo Novecento:
situazione delle donne e processo di emancipazione
femminile
Sviluppatosi intorno alla svolta del secolo, il movimento delle donne italiane rimase
piccolo e diviso, nella misura in cui i suoi membri, più che scendere in piazza e impeg-
narsi in un movimento militante, si dedicavano alle opere sociali in favore di donne e
bambini indigenti.
Sibilla Aleramo e alcuni altri personaggi di primo piano, quali Teresa Labriola o Ersilia
Majno, tendevano in generale a distinguere la storia del femminismo in due fasi, o per
meglio dire, in due movimenti: l’uno di carattere estremamente individualistico, spes-
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so arditamente rivoluzionario, l’altro teso,
insieme alla conquista dei diritti, alla rige-
nerazione morale della società attraverso
l’affermazione dello “spirito femminile au-
tonomo” e della nuova “etica femminile”,
scaturiti da una nuova visione del materno
come potenza e come segno della supe-
riorità morale della donna (Buttafuoco,
1988: 11). Questa visione del femminismo
moderno corrisponde pienamente al sen-
tire di Sibilla Aleramo, la quale riunisce in
sé i due movimenti dell’emancipazionismo:
da un lato la missione morale della rigene-
razione della società di cui si avvale la sua
scrittura, ovvero, il tentativo di cambiare la
comunità delle donne e di insegnare loro
qualcosa di buono attraverso le sue parole,
dall’altro un’idea di femminismo lontano
sia dalla militanza che da forti teorie ideolo-
giche ma che diventa invece una spinta in-
dividuale, una rivoluzione personale in cui
viene messo in gioco anche il senso della
maternità che viene ripensata, ridefinita e
liberata da vecchi condizionamenti e che
diventa la risposta a un femminismo asso-
lutamente moderno.
Il movimento femminista italiano era debo-
le e ciò che contribuiva a renderne difficile
una compattezza era anche la presenza
della chiesa cattolica, la quale si manten-
ne irriducibilmente ostile al sistema libera-
le; la sua cultura antimodernistica, che in
genere mal tollerava le filosofie individua-
listiche, era contraria all’emancipazione
femminile. Le donne si trovavano inoltre
in una situazione di esclusione, non solo
dalla maggior parte degli atti giuridici e
commerciali in assenza del consenso dei
propri mariti, ma anche dalla possibilità
di agire come tutrici nei confronti dei figli1
(Duby e Perrot, 2007: 147).
1. Sibilla Aleramo infatti non riuscirà mai ad ot-
tenere l’adamento del glio dal quale si separò
quando aveva sette anni e che rimarrà per sempre
Inoltre, anche il lavoro delle donne, lonta-
no dall’essere premiato, avveniva in sordi-
na, in una situazione di svantaggio sociale
rispetto a quello esercitato dagli uomini.
Va ricordato però, che a quei tempi, il mo-
vimento femminista continuava a rimane-
re poco unito e raramente combattivo ed
era fiancheggiato dalle élite liberali che
favorivano gli atteggiamenti antifemminis-
ti come per esempio negare alle donne il
diritto al voto.
Nella società italiana dei primi del Nove-
cento esisteva una separatezza molto forte
tra mondo maschile e mondo femminile;
questa situazione durò poi anche durante
il patriarcato fascista; infatti quest’ultimo
teneva per fermo che uomini e donne fos-
sero per natura diversi. Esso politicizzò per-
tanto tale differenza a vantaggio dei maschi
e la esasperò in un sistema particolarmen-
te repressivo, completo e nuovo, inteso a
definire i diritti delle donne come cittadine
e a controllarne la sessualità, il lavoro sala-
riato e la partecipazione sociale. Lo Stato si
proclamava come l’unico arbitro della sa-
lute pubblica e, in linea di principio, esse
non avevano nessun potere di decisione
riguardo alla procreazione dei figli.
Il fascismo tentò di imporre le gravidan-
ze proibendo l’aborto e la vendita di con-
traccettivi e contemporaneamente favorì
gli uomini da tutti i punti di vista: del
lavoro, all’interno della struttura familia-
re, del sistema politico e della società in
generale. Le opinioni fasciste sulle don-
ne erano impregnate di misoginia: “Le
donne sono angeli o demoni, nate per
badare alla casa, mettere al mondo dei
figli e portare le corna” (Duby e Perrot,
con il padre. La legge non la protesse e la scrit-
trice rivide il glio solo una volta quando questi
era già grande. Egli non volle mai più saperne
della madre.

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