Ricordi del carcere. L'autoreferenzialità letteraria degli ex terroristi italiani

AuthorMatteo Re
ProfessionUniversidad Rey Juan Carlos - Madrid
Pages81-102
RICORDI DEL CARCERE. L’AUTOREFERENZIALITÀ
LETTERARIA DEGLI EX TERRORISTI ITALIANI
Matteo Re
Universidad Rey Juan Carlos - Madrid
INTRODUZIONE
La violenza politica ha caratterizzato la vita dell’Italia e degli italiani per
quasi due decenni, dalla fine degli anni sessanta sino agli ultimi momenti
degli anni ottanta. Si è trattato di un periodo delicato, in cui il Paese, nono-
stante una veloce modernizzazione strutturale, ha rischiato di cadere sotto
i colpi dello stragismo e della sovversione. Analizzare oggi gli avvenimenti
di quel tempo non è facile, data la disordinata presenza di numerosi docu-
menti di analisi che spaziano dalle storiografie accademiche, alle ricerche
giornalistiche, agli atti processuali sino all’aumento esponenziale di auto-
biografie di ex terroristi di ogni ideologia1. Questo pastiche intertestuale da
una parte ci offre differenti visioni di un unico problema, dall’altra potreb-
be creare confusione e portare a delle conclusioni deficitarie o addirittura
ambigue. Lo studio del fenomeno terroristico sarebbe quindi da affrontare
valutando in maniera oggettiva la veridicità di pubblicazioni realizzate da ex
militanti dei gruppi armati, le cui fondamenta emotive potrebbero alterare
la realtà di fatti inconfutabili, già giudicati nei tribunali. La presenza di sva-
riate verità, alcune addirittura in contrasto tra loro, non facilitano il lavoro
di chi ha intenzione di analizzare con freddezza avvenimenti ormai lontani
nel tempo, ma comunque di grande emotività ancora oggi.
La produzione letteraria di coloro i quali furono i protagonisti negativi de-
gli anni di piombo, di coloro cioè che intrapresero l’assalto allo Stato, si sta
trasformando in un genere editoriale di grande successo. Basti vedere come
alcune di queste autobiografie vengano pubblicate da veri e propri colossi
dell’editoria contemporanea come Rizzoli, Feltrinelli o Mondadori. Questo ci
dà l’idea di quanto sia “vendibile” in Italia oggi la parte più cruda, autentica,
1 Sulle difficoltà oggettive che si presentano a qualsiasi studioso che si avvicini all’analisi degli
anni settanta oggi si veda l’interessante articolo di Giovagnoli, Agostino. “Gli anni settanta e la storio-
grafia sull’Italia repubblicana”, Contemporanea, a.XIII, n.1, 1 gennaio 2010.
82 Matteo Re
ma forse anche meno oggettiva e attendibile, di quegli anni. Sarebbe un erro-
re però fingere che questa produzione non esista, negarle a priori ogni valore
assoluto, giudicarla nel suo insieme inaccessibile e per tanto inutilizzabile per
fini scientifici. Sarà più opportuno scremare questa bibliografia e cercare di
interpretarla (e non giudicarla) senza perdere il contatto con la realtà storica,
politica e sociale del periodo che vi viene narrato. In questo lavoro non ci oc-
cuperemo delle molteplici interpretazioni che gli ex terroristi italiani danno
della loro militanza nelle diverse organizzazioni armate; rischieremmo infatti
di cadere in contraddizioni e di farci trasportare là dove gli autori vogliono
farci molto spesso arrivare: in una reinterpretazione dei fatti a distanza di ol-
tre vent’anni dal loro svolgimento. Ci sembra invece molto più interessante
e genuino analizzare le esperienze della detenzione di queste persone; pro-
babilmente il periodo meno noto e più introspettivo, quindi autentico. Que-
sto lavoro ci porterà da una parte a una autoreferenzialità soggettiva vissuta
da ognuno in maniera diversa ma allo stesso tempo coincidente in molteplici
aspetti, e dall’altra a uno studio sulle condizioni del sistema carcerario italiano
e del suo indurimento come reazione all’attacco terroristico. Analizzeremo
le pubblicazioni sin qui disponibili di ogni ex terrorista che si sia addentrato
nella descrizione del periodo trascorso in galera. Vedremo per esempio che
la maggior parte dei detenuti condannati per atti terroristici che si sono de-
dicati alla scrittura e alla pubblicazione hanno riservato un ampio spazio al
loro periodo detentivo. Questo non deve sorprenderci dal momento che per
alcuni di loro il periodo passato in prigione è stato più lungo rispetto a quello
trascorso in libertà. C’è anche chi azzarda che per alcuni ex terroristi il carcere
sia diventato il luogo di sussistenza naturale. Alberto Franceschini, uno degli
ideologi delle Brigate Rosse, in un’intervista di qualche anno fa diceva, par-
lando di un ex brigatista detenuto da trent’anni senza alcuna condanna per
delitto di sangue:
“Sono purtroppo convinto che non voglia uscire. Dopo 30 anni di carce-
re l’ideologia diventa un alibi e intorno al suo ruolo politico di rivoluziona-
rio irriducibile Ferrari ha costruito le sue abitudini. Anche il carcere diventa
un’abitudine. Temo che si sentirebbe spaesato, non sarebbe più nulla. Per
questo dico che potrebbe essere il primo a voler restare in carcere”2.
Sarà interessante confrontare l’esperienza carceraria dei detenuti e quel-
la delle detenute. Come si vedrà, la descrizione è diametralmente opposta
tra gli uomini e le donne. I primi tendono ad accentuare la violenza e il
degrado, il regolamento di conti e il tradimento, le seconde propongono,
in generale, una concezione più solidale della detenzione, riuscendo a rag-
giungere quel collettivismo che agli uomini sembra negato.
In questo lavoro abbiamo provato a dare spazio a tutti gli ex terroristi,
senza discriminare l’ideologia politica dell’organizzazione a cui appartene-
vano, purché abbiano pubblicato per lo meno un libro sulla loro esperienza
2 Ferrari, l’ultimo degli irriducibili. 30 anni in cella senza permessi. 23 febbraio 2004, La Repubbli-
ca.

To continue reading

Request your trial

VLEX uses login cookies to provide you with a better browsing experience. If you click on 'Accept' or continue browsing this site we consider that you accept our cookie policy. ACCEPT