L'evoluzione delle competenze della comunità e dell'Unione Europea in materia di asilo

AuthorCherubini, Francesco
Pages133-177
CAPITOLO III
L’EVOLUZIONE DELLE COMPETENZE
DELLA COMUNITÀ E DELL’UNIONE EUROPEA
IN MATERIA DI ASILO
3.1 L’inesistenza di competenze relative all’asilo nel Trattato di Roma
e i parziali riferimenti operati dalle norme sulla sicurezza sociale
dei lavoratori
Ad eccezione di qualche implicito e incerto riferimento alla più ampia mate-
ria della immigrazione1, il Trattato di Roma non conteneva alcuna norma rela-
1 Secondo un primo orientamento — sul quale si vedano A. ADINOLFI, La circolazione dei
cittadini di Stati terzi: obblighi comunitari e normativa nazionale, in B. NASCIMBENE (a cura di),
La libera circolazione dei lavoratori, Milano, 1998, p. 124, e L. MANCA, L’immigrazione nel di-
ritto dell’Unione europea, Milano, 2003, p. 15 — andava riconosciuta la competenza del Consi-
glio ad emanare direttive sull’ingresso e il soggiorno dei cittadini di Stati terzi basata sull’art. 100
del Trattato di Roma. In effetti, ancora oggi l’art. 115 TFUE prevede una competenza del Consi-
glio a stabilire «direttive volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul fun-
zionamento del mercato interno». Si è creduto che divergenze nella disciplina dell’immigrazione
potessero costituire un ostacolo per il mercato comune e, dunque, giustificare l’intervento del
Consiglio. Al di là di ogni considerazione in merito alla fondatezza di tale tesi, occorre osservare
che questa presunta competenza ha prodotto unicamente una proposta della Commissione concer-
nente il ravvicinamento delle legislazioni interne sulla lotta all’immigrazione clandestina e
sull’occupazione illegale: v. proposta modificata di direttiva del Consiglio relativa al ravvicina-
mento delle legislazioni degli Stati membri concernenti la lotta contro la migrazione clandestina e
l’occupazione illegale, COM (1978) 86 del 22 marzo 1978, in GUCE C 97 del 22 aprile 1978, p.
9 ss., sulla quale cfr. L. MANCA, op. cit., p. 16 s., e M. CONDINANZI, A. LANG, B. NASCIMBENE,
Cittadinanza dell’Unione e libera circolazione delle persone, II ed., Milano, 2006, p. 253. Siffatta
proposta, per l’appunto, indicava come base giuridica l’art. 100 TCEE, ma non ebbe alcun seguito
presso il Consiglio, e la Commissione la ritirò. Una seconda strada percorsa (nuovamente) dalla
Commissione, stavolta con maggiore successo, è stata quella di fare leva sugli articoli 117 e 118
TCEE. Il primo fissava come finalità generale quella del «miglioramento delle condizioni di vita
e di lavoro della mano d’opera», mentre il secondo affidava alla Commissione il compito di «pro-
muovere una stretta collaborazione tra gli Stati membri in campo sociale». È su tali basi che l’isti-
tuzione comunitaria adottava la decisione 85/381/CEE dell’8 luglio 1985, in GUCE L 217 del 14
agosto 1985, p. 25 ss., con la quale veniva istituita una procedura di comunicazione preliminare in
merito alle politiche migratorie degli Stati membri. La decisione fu impugnata presso la Corte di
giustizia da cinque Stati membri: l’esito finale (sentenza del 9 luglio 1987, cause riunite 281, 283,
284, 285 e 287/85, Repubblica federale di Germania, Repubblica francese, Regno dei Paesi
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tiva al diritto d’asilo2. Ciò, tuttavia, non ha impedito ad alcune istituzioni della
Comunità economica europea (“CEE”) di agganciare i problemi relativi all’isti-
tuto in esame ad alcune materie disciplinate dal Trattato. In particolare, anche
l’asilo ha “beneficiato” di quella tipica eterogenesi dei fini delle norme relative
alla instaurazione del mercato interno, che ha spinto nelle competenze comunita-
rie taluni settori in origine del tutto estranei al Trattato di Roma. In effetti, già
l’art. 4, primo comma, del regolamento n. 3 del Consiglio relativo alla sicurezza
sociale dei lavoratori migranti estendeva i benefici in esso previsti
ai lavoratori subordinati o assimilati che sono o sono stati sottoposti alle legisla-
zioni di uno o più Stati membri e che sono […] rifugiati residenti nel territorio di
uno Stato membro, come pure ai loro familiari e superstiti3.
Questo regolamento, che prendeva le mosse da una Convenzione europea
sulla sicurezza sociale dei lavoratori migranti, elaborata nell’ambito della Comu-
nità economica del carbone e dell’acciaio4, si basava sugli articoli 227 e 51
TCEE, il quale ultimo, in materia di sicurezza sociale, affidava al Consiglio il
Bassi, Regno di Danimarca e Regno Unito di Gran Bretagna e d’Irlanda del Nord c. Commissione
delle Comunità europee, in Raccolta, 1987, p. 3203 ss., sulla quale, fra gli altri, si vedano K. R.
SIMMONDS, The Concertation of Community Migration Policy, in Common Market Law Review,
1988, p. 177 ss., E. TRAVERSA, Il coordinamento delle politiche migratorie nazionali nei confronti
degli stranieri extracomunitari, in Rivista di diritto europeo, 1988, p. 5 ss., e F. MANCINI, Politica
comunitaria e nazionale delle migrazioni nella prospettiva dell’Europa sociale, ivi, 1989, p. 309
ss.) portò all’affermazione secondo cui le politiche migratorie degli Stati membri, nei confronti
dei lavoratori cittadini di Stati terzi, non erano estranee alla finalità prevista dall’art. 118 TCEE;
pur tuttavia la Corte riconobbe che la Commissione aveva esorbitato i propri poteri imponendo
agli Stati anche un obbligo di risultato (par. 33 ss.). La decisione in discorso fu così ripresa da una
successiva (decisione 88/384/CEE della Commissione dell’8 giugno 1988, che istituisce una pro-
cedura di comunicazione preliminare e di concertazione sulle politiche migratorie nei confronti
dei paesi terzi, in GUCE L 183 del 14 luglio 1988, p. 35 s.) che ne riproduceva i contenuti, modi-
ficati secondo le indicazioni della Corte. Puramente teorica è invece l’affermazione di L. MANCA,
op. cit., p. 17 ss., secondo cui, oltre agli articoli 100, 117 e 118, il Trattato di Roma offrisse un’ul-
teriore e, presumibilmente, più solida base giuridica per un’azione della Comunità in materia di
immigrazione. Si tratta dell’art. 235 TCEE, oggi art. 352 TFUE: tesi questa non solo del tutto
isolata (contra si veda K. HAILBRONNER, Immigration and Asylum Law and Policy of the Euro-
pean Union, The Hague, London, Boston, 2000, p. 120), ma pure per nulla seguita nella prassi
dalle istituzioni comunitarie.
2 Trattato istitutivo della Comunità economica europea, firmato a Roma il 25 marzo 1957 ed
entrato in vigore il 1° gennaio 1958, in UNTS, vol. 294, p. 17 ss. Per le prime considerazioni
sull’asilo nella CEE, si v. M. UDINA, L’asilo territoriale nell’ambito delle Comunità europee, in
Rivista di diritto europeo, 1974, p. 5 ss.
3 Regolamento n. 3 per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, in GUCE 30 del 16 di-
cembre 1958, p. 561 ss. Una norma del tutto simile era contenuta nel regolamento n. 36/63/CEE
del Consiglio del 2 aprile 1963, relativo alla sicurezza sociale del lavoratori frontalieri, in GUCE
62 del 20 aprile 1963, p. 1314 ss.
4 La Convenzione, firmata il 9 dicembre 1957, era stata elaborata da un Comitato di esperti
governativi, con il supporto dell’Ufficio internazionale del lavoro: sulle sue disposizioni, anch’esse
peraltro destinate ad applicarsi nei confronti dei rifugiati, si veda J. DOUBLET, Problèmes de Sécu-
L’evoluzione delle competenze della Comunità e dell’Unione Europea in materia di asilo 135
compito di adottare, su proposta della Commissione, «le misure necessarie per
l’instaurazione della libera circolazione dei lavoratori». In vero, l’impatto del
regolamento n. 3 sui rifugiati era molto scarso: esso, infatti, come confermato
dalla Corte di giustizia in relazione al regolamento n. 1408/715, con il quale il
primo è stato poi sostituito, non poteva trovare applicazione in relazione alle
c.d. situazioni puramente interne, circostanza questa destinata a verificarsi fre-
quentemente dal momento che né il diritto comunitario concedeva né la Con-
venzione di Ginevra del 19516 tuttora riconosce ai rifugiati un diritto di circo-
lare liberamente, in quanto lavoratori, nel territorio di Stati membri diversi da
quello di accoglienza7. Del resto, l’inserimento di una norma che estendesse il
regime di sicurezza sociale ai rifugiati si doveva non tanto alla forza gravitazio-
nale esercitata dalla costruzione del mercato comune, quanto piuttosto agli ob-
blighi discendenti, in capo agli Stati membri della CEE, dalla Convenzione di
Ginevra, di cui pure erano parte. Il suo art. 24, infatti, prevede l’applicazione del
principio della parità di trattamento con i cittadini nazionali in tema, fra l’altro,
di sicurezza sociale.
3.2 Le difficoltà di legare la creazione del mercato comune e l’abbattimento
delle frontiere interne ad una politica condivisa nel settore dell’asilo
Un più efficace grimaldello che consentisse l’associazione fra le problema-
tiche relative all’asilo e il completamento del mercato interno venne individuato
solo in anni successivi, allorché, a fronte della necessità di abolire i controlli alle
frontiere interne, emerse l’esigenza di una armonizzazione delle politiche verso
l’esterno, comprensive di quelle concernenti l’asilo. In altre parole, se per com-
pletare il mercato comune era necessario eliminare ostacoli “ingombranti” come
rité Sociale et Communauté Européenne du Charbon et de l’Acier, in Annuaire français de droit
international, 1957, p. 574 ss.
5 Regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione
dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’in-
terno della Comunità, in GUCE L 149 del 5 luglio 1971, p. 2 ss. La Corte di giustizia, che in vero
in un primo momento era parsa adottare una interpretazione piuttosto ampia dello stesso art. 4 del
regolamento n. 3 (vedi sentenza del 12 novembre 1969, causa 27/69, Caisse de maladie des C.F.L.
«Entr’aide médicale» e Société nationale des chemins de fer luxembourgeois c. Compagnie belge
d’assurances générales sur la vie et contre les accidents, in Raccolta, 1969, p. 405 ss., par. 4), ha
successivamente affermato in maniera esplicita la propria giurisprudenza sulle situazioni interne
in relazione all’art. 2 del regolamento n. 1408, identico all’art. 4 del regolamento n. 3, con la sen-
tenza dell’11 ottobre 2001, cause riunite da C-95/99 a C-98/99 e C-180/99, Mervett Khalil, Issa
Chaaban e Hassan Osseili c. Bundesanstalt für Arbeit e Mohamad Nasser c. Landeshauptstadt
Stuttgart e Meriem Addou c. Land Nordrhein-Westfalen, ivi, 2001, p. I-7413 ss., par. 65 ss.
6 Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, entrata in
vigore il 22 aprile 1954, in UNTS, vol. 189, p. 137 ss. Al momento, ne fanno parte 144 Stati, fra
cui l’Italia, che l’ha ratificata il 15 novembre 1954.
7 Cfr. E. GUILD, The Europeanisation of Europe’s Asylum Policy, in International Journal of
Refugee Law, 2006, p. 633.

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