Crisi della sovranità degli stati e conseguenze sull’evoluzione dell’ordinamento internazionale

AuthorAngela del Vecchio
Pages7-25

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@1. Introduzione.

L’ordinamento giuridico internazionale appare in questi ultimi tempi fortemente condizionato dai fenomeni di trasformazione in atto nella società internazionale, fenomeni che stanno comportando una ridefinizione di molti rapporti precedenti ed il superamento di tradizionali concetti ed istituti. Rispetto al quadro normativo che in precedenza disciplinava le relazioni internazionali si evidenziano differenze, che non è possibile qualificare come semplici eccezioni o deroghe al sistema precedente, ma che vanno valutate piuttosto come elementi costitutivi di un’organizzazione strutturale nuova della società internazionale. Quest’ultima mostra infatti sempre meno connotazioni uniformi e si ricostruisce continuamente sulla base di equilibri formatisi fra elementi non sempre armonizzabili ed armonizzati tra loro, ma anzi spesso tra loro situati in una sorta di contrapposizione e tensione.

Sicuramente molteplici sono le cause che contribuiscono alla composizione dell’attuale scenario internazionale. Tra queste ciò che contribuisce in larga misura al profondo processo di ridefinizione dei rapporti all’interno della comunità internazionale attuale è la tendenden-Page 8za alla perdita della dimensione statocentrica nelle relazioni internazionali. Lo Stato appare sempre più in difficoltà nel compito di garantire sicurezza, giustizia, libertà e ricchezza ai propri cittadini, cosicché per il raggiungimento di alcuni di tali obiettivi sovente vengono istituite organizzazioni internazionali, in modo tale da assicurare l’ordine internazionale, la certezza del diritto, la produzione di regole effettivamente in grado di disciplinare determinati rapporti, che fuoriescono dai confini degli Stati.

Attualmente, quindi, interferiscono nella vita internazionale, ac- canto ai comportamenti degli Stati, quelli delle organizzazioni internazionali con un rilievo sempre crescente, cosicché, a causa del loro numero – le organizzazioni internazionali intergovernative sono infatti di gran lunga più numerose degli Stati – diviene via via più ristretta la sfera di competenze appartenente al dominio riservato degli Stati. Alcune di esse poi condizionano in misura maggiore delle altre l’evoluzione dei rapporti internazionali (1) e sono in particolare quelle che hanno tra i propri fini l’integrazione tra gli ordinamenti interni statali. Infatti, più di altre organizzazioni internazionali, esse si basano su un patto accettato dagli Stati membri di “autolimitazione” della propria sovranità e di deferimento dei corrispondenti poteri all’organizzazione medesima, con la conseguenza di una crescente irrilevanza della competenza territoriale degli Stati e del superamento del principio di esclusività degli ordinamenti stessi.

Oltre alle organizzazioni, contribuiscono ad erodere in vario modo la sovranità degli Stati gli attori economici internazionali, che con la loro attività provocano l’internazionalizzazione dei mercati finanziari e commerciali, incrementano gli investimenti esteri e talvolta sono anche all’origine di crisi finanziarie quali ad esempio la crisi dello SME del 1992 e 1993, subita dai governi e dalle banche centrali in seguito alle speculazioni sulle valute effettuate da grandi investitori, o il crollo dell’economia messicana e la discesa del dollaro ai minimi storici nel 1995. La liberalizzazione dei flussi di capitali, le nuove tecnologie, il rapido processo di rinnovamento del settore finanziario hanno favorito la creazione e diffusione di società multinazionali (2), che sono considerate tra gli attori economici più importanti nell’at-Page 9tuale comunità internazionale, in quanto con la loro attività pervengono a spostare il centro di gravità dei rapporti economici dal contesto statale a quello inter/trasnazionale.

Le società multinazionali vengono definite come imprese oligopolistiche, in cui proprietà gestione, produzione e vendita rientrano nell’ambito di differenti giurisdizioni nazionali ed hanno tra i principali obiettivi quello di assicurarsi la produzione al minor costo di beni destinati al commercio mondiale (3). Esse più facilmente degli Stati si avvalgono dei progressi tecnologici, che in particolare hanno drasticamente ridotto i costi del trasporto delle merci, delle telecomunicazioni e dei servizi in generale, favorendo così l’integrazione dei mercati nazionali a livello globale. Le distanze economiche diminuite ed i problemi di coordinamento semplificati hanno comportato la conseguenza che per le società multinazionali è divenuto più conveniente distribuire le differenti fasi della produzione in parti diverse del mondo, ma, così facendo, esse sono state spesso accusate di provocare distorsioni e condizionamenti nelle economie dei Paesi ospiti, di esercitare influenze negative nelle loro politiche di sviluppo e di condizionarne in qualche modo la vita politica. In realtà, per più di un aspetto le società multinazionali rappresentano un forte fattore di concentrazione di potere economico, tale da ridimensionare sostanzialmente il ruolo dello Stato (4) nella società internazionale e da contribuire invece decisamente alla formazione di un’economia globale ed alla riformulazione dei rapporti internazionali (5).

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La loro crescita ha condizionato l’affermazione delle transnational law firms, “imprese del diritto”, che hanno il compito di elaborare nuove tecniche giuridiche, in grado di disciplinare giuridicamente operazioni economiche e finanziarie transnazionali. Ad esse infatti si deve l’elaborazione dei modelli contrattuali uniformi, che vengono trasmessi dalle sedi principali delle società multinazionali alle società figlie operanti nei più diversi Stati e che devono essere adottati senza alcuna trasformazione che tenga conto dei diritti interni dei singoli Stati (6). Alle transnational law firms, come consulenti delle diverse società multinazionali, spetta infatti il compito di assisterle nelle operazioni di concentrazione e fusione di imprese, contribuendo sostanzialmente alla loro crescente capacità di intraprendere scambi senza tener conto dei confini degli Stati e dando vita ad una sorta di lex mercatoria contemporanea che si configura – a somiglianza dell’antica lex mercatoria – come una fonte di norme tese a regolare situazioni giuridiche proprie dei mercati. Le nuove norme così prodotte non hanno però “il fine di normare e governare le relazioni economiche, quanto di costruirle, ampliarle, legalizzarle, rispondendo volta a volta a finalità organizzative, di contrattazione, di flessibilità” (7).

Le società multinazionali dunque e le “imprese del diritto” sono due aspetti della medesima realtà e svolgono un ruolo di primo piano nella formazione del nuovo “diritto dei mercati”. Tuttavia, la lex mercatoria attuale in quanto diritto creato dagli stessi operatori commerciali è, come si vedrà in seguito, solo apparentemente assimilabile alla lex mercatoria medioevale. Essa è stata infatti modellata, tenendo conto dei principi generali di diritto e della necessità di trovare un giusto equilibrio tra le esigenze delle imprese e la tutela del contraente debole, dall’UNIDROIT, cui si devono i Principi dei contratti commerciali internazionali, ai quali fanno riferimento in maniera crescente gli arbitri internazionali.

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Peraltro, le organizzazioni internazionali e le società multinazionali non rappresentano i soli fattori di mutamento della comunità internazionale, in quanto accanto ad esse stanno assumendo un ruolo sempre crescente altri attori non statuali (8), quali le organizzazioni non governative (ONG), i movimenti politici, i gruppi di pressione e le varie associazioni sorte in difesa di interessi settoriali o anche per l’affermazione di un singolo obiettivo. Se le organizzazioni intergovernative sono più numerose degli Stati, le organizzazioni non governative sono molto più numerose delle organizzazioni intergovernative e già questo fatto costituisce un motivo di riflessione e di analisi da parte della dottrina (9). Esse infatti rappresentano categorie di soggetti giuridicamente non ben definiti, che svolgono, senza scopo di lucro, compiti di grande rilevanza sia nel processo di formazione delle norme, sia nella loro interpretazione, sia nel controllo dell’esecuzione delle norme stesse. In tutte le fasi di law-making e di law-enforcement le ONG interpretano i bisogni, gli interessi, i valori della società civile internazionale, i quali in alcuni casi non coincidono con i bisogni, gli interessi, i valori degli Stati e possono anzi essere anche in contrasto con essi. Le organizzazioni non governative, simili per alcuni profili alle società multinazionali perché entrambe prescindono dai confini statali per perseguire i propri fini, si differenziano tuttavia da queste in quanto sono no-profit per antonomasia e rappresentano interessi particolari, specifici della società internazionale.

Infine, altri attori non statuali, individui e persone giuridiche, stanno acquisendo un rilievo mai immaginato nella comunità internazionale. Per quanto riguarda gli individui, la tutela dei diritti umani garantita da molteplici convenzioni e trattati internazionali e la possibilità di accesso di cui essi godono davanti ad importanti tribunali internazionali stanno mutando la visione tradizionale della comunità internazionale (10). Riguardo invece alle persone giuridiche, un rilievo autonomo assumono ad esempio le Autorità indipendenti di garanzia per la concorrenza nei diversi Paesi industrializzati, chePage 12hanno il potere di emanare norme valide oltre i confini dello Stato di appartenenza.

La progressiva erosione della sovranità statale (11), dovuta in larga misura ad enti dalla soggettività internazionale non del tutto definibile, che però concorrono all’attuazione dei processi di law-making e di law enforcement, sta comportando per lo Stato una crescente difficoltà a governare tutte...

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