L'applicazione ad internet di norme di diritto internazionale preesistenti
Author | Gianpaolo Maria Ruotolo |
Pages | 83-112 |
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CAPITOLO TERZO
L’APPLICAZIONE AD INTERNET DI NORME
DI DIRITTO INTERNAZIONALE PREESISTENTI
INDICE: 1. – L’applicazione alla Rete di norme di diritto internazionale
consuetudinario preesistenti e la categoria dei beni patrimonio comune
dell’umanità; 2. – Internet come patrimonio comune dell’umanità: ob-
blighi di informazione, consultazione e de negotiando; 3. – Il divieto di
inquinamento; 4. – Obbligo dell’uso pacifico del Web: cyber war e cyber
terrorismo; 5. – Strumenti di aggressione informatica: la prassi recente
relativa ai malware Stuxnet e Conficker; 6. – La guerra informatica e il
diritto internazionale: divieti e legittime reazioni degli Stati offesi; 7. –
Le differenti tipologie di membership dell’Unione internazionale delle
telecomunicazioni (ITU) come indice dell’approccio multistakeholder
della governance di Internet; 8. – Le International Trade Regulations
(ITRs) del 1988: la promozione di una rete di telecomunicazioni globa-
le; 9. – Segue: il negoziato in corso per la revisione delle ITRs.
1. – Cerchiamo ora di comprendere se vi siano delle norme di di-
ritto internazionale preesistenti all’avvento di Internet, e quindi nate
per disciplinare fattispecie da questa differenti, le quali, in conside-
razione del loro oggetto e del loro scopo, possano essere applicate
anche alla Rete, e quindi possano essere di ausilio nell’individuazio-
ne dei confini dell’Internet-ional Law, la disciplina di diritto interna-
zionale pubblico di Internet oggetto del nostro studio.
In quest’ottica ci pare opportuno andare a cercare, in primo luo-
go, tra quelle norme di diritto internazionale, alle quali abbiamo già
fatto cenno nel Capitolo I che, nel corso del tempo, sono sorte nel-
la prassi o sono state adottate con l’obbiettivo di disciplinare l’uso
da parte degli Stati di risorse da questi non appropriabili in modo
unilaterale – cioè sulle quali non è possibile esercitare in maniera
esclusiva il diritto di sovranità – e il cui sfruttamento, al contempo,
presuppone il possesso di elevate competenze tecnologiche. Le nor-
me dotate di queste caratteristiche sono, nella maggior parte dei casi,
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INTERNET-IONAL LAW
relative a beni che sono stati ritenuti parte del patrimonio comune
dell’umanità1.
È anche il caso di ricordare come norme siffatte siano state spesso
segnalate come un indice del passaggio dal c.d. diritto internazionale
della coesistenza tra Stati, fondato sul principio classico di sovranità
e, quindi, sulla parità sovrana – cui fa da corollario la sostanziale
coincidenza degli obblighi che gravano sugli stessi Stati alla luce del
diritto internazionale – al diritto internazionale c.d. della cooperazio-
ne, basato invece su principi improntati ad una parità “di partecipa-
zione” alla vita della Comunità internazionale, ma che consentireb-
bero la differenziazione degli obblighi gravanti sugli Stati in base alle
funzioni da questi assunte all’interno di un particolare regime giuridi-
co2. A queste due categorie, peraltro, è stata di recente affiancata quel-
la del c.d. diritto internazionale dell’integrazione: secondo una parte
della dottrina, infatti, l’ordinamento internazionale contemporaneo si
caratterizzerebbe come una struttura integrata, organizzata in cerchi
concentrici, nella quale ordinamenti di vario genere (ordinamento in-
ternazionale in senso “tradizionale”, ordinamenti interni, ordinamenti
speciali delle organizzazioni internazionali) composti a loro volta da
fonti giuridiche di vario genere idonee a produrre effetti differenziati,
trovano coordinamento e integrazione in un sistema giuridico che si
rivolge ad una società transnazionale e multistakeholder3; vedremo
come si tratti di un modello che potrebbe essere utile per la compren-
sione dei fenomeni che stiamo studiando.
Tornando alla nozione di patrimonio comune dell’umanità, che è rin-
tracciabile già nel diritto internazionale classico del XVII secolo, ricor-
1 Sul concetto cfr. A.C. KISS, La notion de patrimoine commun de l’humanité,
in Recueil des Cours de l’Académie de droit International de la Haye, 1989, non-
ché K. BASLAR, The Concept of the Common Heritage of Mankind in International
Law, The Hague, 1998, il quale, però, pur riconoscendo esplicitamente di aver
utilizzato Internet per reperire tutte le fonti utilizzate per scrivere il suo libro, non
si pone affatto il problema di comprendere se quello strumento da lui utilizzato
così diffusamente abbia caratteristiche tali da poter essere ricompreso nell’oggetto
della sua analisi.
2 Si pensi, ad esempio, al c.d. trattamento differenziale per i Paesi in via di
sviluppo. Tra gli altri, sul punto, si veda G. ABI SAAB, Whither the International
Community?, in European Journal of International Law, 1998, p. 248 ss.
3 V., da ultimo, G. ZICCARDI CAPALDO, Diritto Globale. Il nuovo diritto interna-
zionale, Milano, 2010, e la bibliografia ivi citata.
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